I trivellati rappresentano la tipologia di pali gettati in opera più comune e più datata. Con l’avvento delle nuove tecnologie sostitutive e le problematiche legate alla gestione dei fanghi bentonitici, questa lavorazione si colloca in una nicchia, comunque significativa, caratterizzata da notevoli diametri, 1200 mm e oltre, da stratigrafie estremamente complesse (roccia inclusa) o da profondità notevoli.
La sequenza esecutiva è estremamente semplice: lo scavo viene effettuato con asportazione di terreno a mezzo benne mordenti o con altro utensile dedicato, viene inserita dapprima l’armatura metallica, quindi un tubo getto sino sul fondo dello scavo e attraverso la tramoggia posta nella parte superiore del tubo getto si inserisce il calcestruzzo estraendo progressivamente il tubo getto.
In funzione del contesto geotecnico e della presenza o meno di falda, si possono avere 3 configurazioni principali:
In caso di intercettazione di trovante o strato roccioso, o altro strato consolidato, o per l’ammorsamento del palo stesso, vengono montati particolari utensili che lavorano come uno scalpello frangi roccia.
È prassi comune proteggere la parte superiore del foro con un lamierino (avampozzo) per prevenire l’erosione delle pareti del foro causate dal ripetuto passaggio degli utensili di scavo.
Variante del palo trivellato è il palo carotato contraddistinto dall'utilizzo di un carotiere quale utensile di scavo.
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